Nuova proroga per lo Split Payment che era in scadenza al 30 giugno 2023; l’autorizzazione per l’Italia da parte dell’UE arriva proprio a ridosso della scadenza e proroga il termine di scadenza al 30 giugno 2026.
La decisione è maturata considerando il fatto che in Italia, in assenza del meccanismo di scissione dei pagamenti, potrebbe risultare difficoltoso, se non addirittura impossibile, recuperare le somme dovute da autori di frodi o generate da evasioni fiscali individuate tramite il controllo incrociato che deriva dalla fatturazione elettronica obbligatoria.
Lo Split Payment è stato fin dall’inizio considerato un mezzo efficace, soprattutto in sinergia con le altre misure applicate, in particolare l’obbligo della fatturazione elettronica; la proroga sarebbe quindi quasi d’obbligo per evitare di ritornare indietro rispetto agli sforzi compiuti fino ad oggi.
L’Italia sarà comunque tenuta a trasmettere alla Commissione Europea, entro il 30 settembre 2024, una doppia relazione riguardante sia la situazione generale dei rimborsi Iva derivanti dall’applicazione dello Split Payment che il punto sull’efficacia di tale misura e di altre misure nel ridurre l’evasione fiscale.
Ricordiamo brevemente, a questo punto, la storia dello Split Payment insieme ai suoi obiettivi.
Questo particolare meccanismo venne autorizzato attraverso la decisione di esecuzione 2017/784 emessa dal Consiglio Ue e successivamente modificata con la decisione di esecuzione 2020/1105 del Consiglio Ue stesso.
Lo Split Payment si applica alle operazioni effettuate nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, degli Enti Pubblici economici, delle fondazioni e delle società controllate, soggette ad un particolare regime Iva.
Tale regime segue queste due semplici direttive:
- Chi emette la fattura (fornitore/prestatore della PA) espone, e quindi non addebita, l’imposta, riportando la dicitura “scissione dei pagamenti”,
- Chi riceve la fattura (cessionario/committente) effettua il versamento dell’Iva in un apposito conto dell’Amministrazione fiscale.
Per adempiere all’impegno di eliminare gradualmente questa misura speciale, l’Italia ha modificato la propria richiesta al fine di escludere, a partire dal 1° luglio 2025, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a favore delle società quotate in borsa incluse nell’indice “Financial Times Stock Exchange Milano Indice di Borsa” (“FTSE MIB”) dall’ambito di applicazione di tale misura.